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NECROLOGIO
[in «Miscellanea Storica della Valdelsa», CXXIV (2018), 1 (334), pp. ]
Bruno Innocenti
(27 ottobre 1944 – 19 giugno 2018)
In pochi anni la Società ha perduto tre protagonisti della sua storia recente. Nel 2014 Sergio Gensini, nel 2017 Francesco Parlavecchia, e ora Bruno Innocenti, membro del Consiglio Direttivo dal 1982 al 2008, vice presidente dal 1983 al 2004.
La notizia della sua improvvisa scomparsa, per le tragiche circostanze in cui è avvenuta, ha colpito i tanti che ne avevano apprezzato le doti di assiduo impegno all’interno della Società, profuso in un lavoro oscuro – e forse talvolta nemmeno tanto gratificante – ma sicuramente prezioso ed estremamente importante, con il quale era riuscito a dare una solida e strutturata base organizzativa alla Società.
La famiglia di Bruno era di orientamento socialista, la sorella del nonno era quella Luisa Innocenti, che fu, nel 1921, la prima vittima dei fascisti a Castelfiorentino, a cui fu intitolata, proprio per il suo assiduo interessamento, una strada. Il padre Ario fu per decenni il gestore del Teatro del Popolo.
Dopo aver frequentato il Liceo classico ‘Virgilio’ a Empoli, si laureò nel 1968, con il massimo dei voti, in ingegneria meccanica con specializzazione in aereonautica presso l’Università di Pisa. Fu assunto, subito dopo, dalla ditta Nuovo Pignone di Firenze, dove svolse tutta la sua vita lavorativa fino alla pensione, anticipata dopo l’arrivo dei nuovi padroni statunitensi, i quali, diceva sempre, avevano creato un pessimo ambiente.
Appassionato di viaggi, per molti anni ha percorso tanti paesi europei, per un certo periodo insieme a Sergio Gensini, con cui si era instaurato uno strettissimo rapporto di amicizia e stima, nato nel periodo della presidenza di Gensini, ma rimasto poi inalterato nel tempo. Entrambi erano stati nominati soci onorari per l’opera prestata a favore della Società, nel corso dell’assemblea dell’8 maggio 2011.
Pur svolgendo un lavoro tecnico, i suoi interessi restarono sempre quelli per le lingue classiche, la letteratura, l’arte, la storia, la musica. Era infatti un grande appassionato di musica lirica (il loggione del Teatro del Popolo era il luogo da dove prediligeva assistere alle opere, perché l’acustica era migliore), aveva una passione particolare per la cantante Maria Callas e soprattutto per la musica da organo: non casualmente fu chiamato nel 2002 a far parte, in rappresentanza della nostra Società, del Comitato cittadino per il restauro dell’organo della chiesa di San Francesco e fu uno dei membri più attivi nella raccolta di fondi tra la cittadinanza.
Nei suoi gusti letterari una costante fu l’interesse per le opere di genere storico, gli scrittori dell’800 italiano (specialmente toscani come Renato Fucini) e soprattutto Giovanni Pascoli: forse furono proprio i rapporti tra il grande poeta e Orazio Bacci che lo spinsero a essere il principale fautore e organizzatore sia del convegno sul letterato e uomo politico castellano, che la nostra Società organizzò nel 1987 presso Palazzo Vecchio a Firenze e presso la biblioteca di Castelfiorentino (dove la Società era nata per impulso, tra gli altri, proprio di Bacci), sia della richiesta della Società per l’intitolazione di una strada, accolta dal Comune.
Fu sempre profondamente interessato alla storia del suo paese natio (cito solo la conferenza dell’aprile 2012 Ipotesi sulle origini di Castelfiorentino) e attento partecipe alla salvaguardia e tutela dei suoi beni culturali: ad esempio si fece promotore (nei primi anni Novanta) di una petizione per il restauro della più antica cerchia di mura che contornano la Pieve dei Santi Ippolito e Biagio, poi realizzato dal Comune. Quando, a causa dei lavori di ristrutturazione del palazzo comunale, furono momentaneamente spostate alcune lapidi che ricordano personaggi illustri e fatti salienti della storia castellana, si interessò affinché per esse fosse trovata una degna ricollocazione, che fu individuata nella ‘Sala rossa’ al primo piano del Municipio.
Vicepresidente della Società per ventuno anni, in più occasioni gli fu proposto di assumere la carica di Presidente; rifiutò sempre, forse per troppa modestia, sostenendo di non essere la persona adatta. Io stesso insistetti più volte, sottolineandogli scherzosamente che un ingegnere presidente di una società storica sarebbe stata la perfetta sintesi tra le due culture – quella umanistica-letteraria e quella scientifica – di cui aveva scritto Charles Piercy Snow nell’omonimo volume.
Sergio Gensini, Francesco Parlavecchia, Italo Moretti, in qualità di presidenti, non mancarono, in occasione di tante assemblee dei soci, di sottolineare il suo apporto, davvero determinante per la Società, con apprezzamenti lusinghieri che gli riconoscevano «abnegazione», «infaticabile, incessante preziosa opera», «attività insostituibile», «spirito di servizio encomiabile», «punto di riferimento sia del presidente, sia del direttore, sia di ogni altro consigliere o socio».
Lo avevo conosciuto, nella seconda metà degli anni Settanta, come grande lettore e utente assiduo della Biblioteca comunale Vallesiana, interessato alla storia locale in maniera attenta e non superficiale e quindi anche all’attività della Società, tanto che fummo io e Sergio Marconcini ad avanzare, nel corso dell’assemblea del dicembre 1982, il suo nome come membro del Consiglio Direttivo.
Lo ricordo ancora quando, dopo le ore 18, rientrato dal lavoro e dal lungo viaggio da Firenze, veniva in biblioteca e si tratteneva fino all’ora di chiusura (le 19,30) nella ‘stanzina’ della Società, intento a numerose e varie incombenze, fondamentali per il buon andamento della Società: dal ritiro e della posta al disbrigo della corrispondenza, dalla spedizione dei fascicoli ai soci all’organizzazione delle assemblee annuali, ecc.
Mi è rimasta impressa una sua frase: «Sono stato per tanti anni il Cireneo».
Paradigmatici furono i suoi costanti richiami, all’interno del Consiglio direttivo, alle questioni della riscossione delle quote sociali, della sistemazione della sede e della conservazione del materiale bibliografico della Società, conservato in ambienti non idonei, a un maggior impegno soprattutto per quelle iniziative (conferenze, convegni, mostre, ecc.) che i consiglieri proponevano, alla centralità del Consiglio come momento di imprescindibile raccordo dell’attività delle sezioni locali.
Non si deve però credere che gli interventi e le attenzioni di Bruno si limitassero ai soli aspetti organizzativi: chi scorra i verbali delle riunioni del Consiglio direttivo e delle assemblee può trovare i suoi interventi puntuali, precisi, talvolta anche polemici, che dimostrano attenzione e preoccupazione, costanti negli anni, per mantenere alto il livello scientifico delle pubblicazioni, le sue competenze di storia locale e i contatti che nel tempo aveva affinato con le altre Società toscane, nonché la sua autonomia di giudizio che non verrà mai meno.
Solo per fare qualche esempio, oltre al convegno su Bacci, furono sue le proposte e il sostegno determinante, nell’ambito della Società, a: convegno sulla produzione del vetro in Valdelsa (tenutosi nel 1990); convegno in occasione del centenario della celebrazione del 1° maggio 1891 a Castelfiorentino (1991); iniziative per il centenario della fondazione della Società e della «Miscellanea» (1992-1993); convegno per il centenario dell’ospedale di Santa Verdiana (1994). Non mancò di sottolineare più volte i mutamenti degli scenari culturali valdelsani, intervenuti da quando i comuni avevano iniziato a realizzare in proprio manifestazioni, convegni, pubblicazioni, ecc. con conseguenti difficoltà per la Società a ritagliarsi un proprio ruolo.
Bruno, insieme a Remo Taviani, aveva provveduto, nel corso di tante mattine domenicali trascorse nella sede di piazza del Popolo, al riordino dell’archivio della Società con un lungo, certosino, prezioso lavoro di sistemazione dei documenti. Fu probabilmente nel corso di questo lavoro che trovò, tra le carte del canonico Michele Cioni, Proverbi, cantilene e stornelli che si dicevano a Castelfiorentino alla fine dell’Ottocento, di cui curò l’edizione e la pubblicazione nel 2016. Alla figura di Cioni aveva anche dedicato una conferenza nel febbraio 2017, in occasione del centenario della sua morte, il suo ultimo contributo alla cultura castellana e valdelsana.
Negli ultimi anni, per una serie di incomprensioni, si era purtroppo distaccato progressivamente dalla Società, nonostante diversi tentativi di riconciliazione, e la mancanza del suo apporto si è sentita in tante occasioni.
Concludo con la segnalazione dei suoi contributi sulla nostra «Miscellanea»: Giovanni Pascoli e Orazio Bacci: un’amicizia (fascicolo 239 del 1984); Il Canonico Cioni e la Corte d’Elsa (fascicolo 287 del 2000); Il primo monumento in onore di Giovanni Boccaccio (fascicolo 294-296 del 2003); La Corte d’Elsa e la Rocchetta di Poggibonsi (fascicolo 299 del 2004); Castello e Castelnuovo (fascicolo 304-305 del 2006), L’alluvione del 1745 a Castelfiorentino (fascicolo 306-308 del 2007).
Giovanni Parlavecchia