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Fra principi, mercanti e partigiani. Francesco Aringhieri politico e diplomatico senese del Quattrocento

Barbara Gelli, Fra principi, mercanti e partigiani. Francesco Aringhieri politico e diplomatico senese del Quattrocento, Pisa, Pacini, 2019, 373 pp., € 29,00, ISBN 978-88-6995-580-8

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Introduzione [pp. 7-21]
Abbreviazioni [p. 22]

Parte prima
Sotii, sequaces et consorti

Capitolo I
Identità familiari, eredità politiche

  1. Il dominus Niccolò di ser Aringhieri da Casole [pp. 25-38]
  2. Aringhiero di messer Niccolò da Casole [pp. 38-52]

Capitolo II
All’interno del gruppo di governo: un politico ghibellino

  1. L’eredità di Aringhiero. Pupilli e tutori [pp. 53-60]
  2. «Là ce sonno persone litterate». Tra politica e cultura [pp. 60-66]
  3. Il ritorno del ghibellinismo senese [pp. 66-69]
  4. I primi incarichi [pp. 69-83]
    Un impegno «ultra consuetum». L’incrinatura del consenso politico. [pp. 84-89]

Parte seconda
Repubbliche e principati: «al servizio delle vostre signorie»

Capitolo I
Amico e partigiano: Venezia e Napoli

  1. Siena e Venezia: Francesco Aringhieri cavaliere di San Marco [p. 93]
    L’alleanza tra Siena e Venezia [pp. 93-101]
    ‘Amico’ e ‘partigiano’ [pp. 101-108]
  2. Siena e Napoli: Giovanbattista Aringhieri cavaliere aragonese [p. 108]
    «El re de Ragona, el qual anche qui ha molti partesani». Le ragioni di un consenso [pp. 108-113]
    L’alleanza tra Siena e Napoli [pp. 113-121]

Capitolo II
All’interno del gruppo di governo: un politico guelfo

  1. La fine del ghibellinismo senese [p. 123]
    Atto I°. La spedizione contro il conte di Pitigliano [pp. 123-129]
    Atto II°. La guerra contro Iacopo Piccinino [pp. 129-136]
    Atto III°. La congiura del 1456 [pp. 136-144]
  2. Francesco Aringhieri salvatore della patria. Il nuovo governo guelfo [pp. 144-150]

Capitolo III
Amico e partigiano: Milano e Roma

  1. Siena e Milano: Francesco Aringhieri compare di Francesco Sforza [p. 151]
    «Redugase alle nimicitie antique» [pp. 151-154]
    L’ambasciata di Francesco Aringhieri al duca di Milano [pp. 154-164]
    «Per vere e manifeste experientie». Francesco Aringhieri e il sistema di relazioni tra Siena e Milano [pp. 164-176]
  2. Siena e lo Stato della Chiesa: Francesco Aringhieri senatore di Roma [p. 176]
    «Per evidente utilità pubblica et bene del Reggimento». Nobili e popolari [pp. 167-180]
    «Dilecto filio». Francesco Aringhieri e Pio II [pp. 180-195]
    Per via di Roma. Siena e la nuova ‘politica dell’equilibrio’ [pp. 195-200]
    All’interno della corte di Roma [pp. 200-213]
    Miles de fama. Da una generazione all’altra [pp. 213-229]

Parte terza
Tra politica e mercatura: amici, parenti e logiche di gruppo

Capitolo I
Identità politiche, eredità mercantili

  1. Il mercante (senese) di Venezia. Esuli e uomini d’affari [pp. 233-248]
  2. A Siena. Tra mercatura e bestiame [pp. 249-258]

Capitolo II
Possessioni, uffici e traffici: «singulari amici che spesso si vengano a’miei bisogni»

  1. Le possessioni: chi vive solo di poderi, come fo io [pp. 259-268]
  2. Gli uffici e i traffici: non si possi rendare né cogliere lupino da chi sedesse alle banche [pp. 268-271]
    Favorire il gruppo: che l’incarico sia conferito ad «uno amico quale nominarà misser Francesco d’Aringhieri» [pp. 271-278]
    La rete dei traffici. Venezia e Ferrara, eredità dell’esilio [pp. 279-283]
    La rete dei traffici. Il mercato dei cambi di Venezia [pp. 283-291]
    La rete dei traffici. Napoli, Valenza e Palermo [pp. 291-303]
    La rete dei traffici. Una cassa di diamanti [pp. 303-306]
    La rete dei traffici. La corte di Roma [pp. 306-318]

Conclusione [pp. 319-330]

Fonti inedite [pp. 331-337]
Fonti edite [p. 338]

Bibliografia [pp. 339-359]

Indice dei nomi [pp. 360-373]


Dall'Introduzione

«Negli ultimi decenni la storiografia è stata oggetto di una profonda revisione interpretativa che ha fatto registrare importanti acquisizioni sotto il profilo della storia dei linguaggi, delle pratiche e delle istituzioni politiche e di governo. Merito di un dibattito sempre più articolato attorno ad un pluralismo di corpi e di soggetti e di una più generale riconsiderazione dei concetti di ‘pubblico’ e ‘privato’ indotta dal progressivo riesame del ‘mito’ storiografico dello Stato regionale.

Negli anni Settanta dello scorso secolo alcuni studiosi italiani hanno cominciato a mettere in forte discussione il ‘paradigma statalista’ (elaborato dagli studi giuridici e politici europei di fine Ottocento) che vedeva nello Stato del Rinascimento il traguardo inevitabile di un’evoluzione istituzionale e politica imperniata sulla costruzione di un apparato di potere accentrato e razionale. Evidenziando la funzione unificatrice di quello che era andato sempre più identificandosi come il nuovo Stato Moderno infatti, questi studi erano andati definendo l’evoluzione delle formazioni politiche italiane del Quattrocento secondo i principi di sovranità, burocrazia, razionalità organizzativa ed istituzionale. In particolare, gli studi di Elena Fasano Guarini e di Giorgio Chittolini hanno avuto il merito di inserire un forte correttivo, sottolineando l’estrema complessità di un sistema politico basato sulla costante dialettica tra i poteri. Da qui l’immagine di uno stato ‘pattizio’ o contrattuale, scevro da ogni interpretazione evoluzionista basata sulla indivisibilità del potere, sulla sua personalità giuridica unitaria e sulla razionalità amministrativa.

Queste tesi non hanno mancato di suscitare ampi consensi e la discussione ha finito per animare il dibattito storiografico degli anni Ottanta e Novanta del Novecento sino alla compiuta identificazione dello Stato del Rinascimento nel risultato di una complementarietà di poteri, pratiche e sistemi di mediazione, frequentemente indagati attraverso uno studio dei linguaggi, dei rapporti sociali e di rete. Nuove tematiche si sono imposte al centro del dibattito e gli approcci più innovativi della ricerca si sono caratterizzati per una crescente integrazione tra la storia istituzionale (particolarmente in voga durante gli anni Novanta) ed una rinnovata attenzione per un’analisi antropologica delle ‘pratiche privatistiche’ come quelle di patronato, clan, fazione, parentela. In quest’ottica gli assetti istituzionali dei vari stati non vivrebbero affatto una sorta di ‘grado zero’ della statualità, ma risulterebbero fortemente permeabili all’influenza dei soggetti politici di cui appaiono ogni volta diretti strumenti di espressione. La conoscenza dei molteplici meccanismi di interazione tra le pratiche politiche ed il funzionamento ordinario dei sistemi pubblici di governo sarebbe dunque in grado di evidenziare i peculiari organigrammi politici degli stati…»